Non sono state le folle oceaniche della Prima Repubblica, ma le piazze in grado di contenere “mezzo milione” di persone (lo stesso “consenso” del generale Vannacci), si fanno sentire. Landini vuole guidare le masse lavoratrici ed avverte il governo: la rivolta sociale è ormai alle porte.
Ogni “capopopolo”, da Masaniello a Di Pietro a Grillo, deve indicare i nemici da eliminare: lo “psiconano”, i “ladri”, i “fascisti” e così via. Landini, che dirige un’associazione di categoria, se la deve vedere con un “capopopolo doc”, una borgatara romana che è diventata primo ministro partendo dalla gavetta, che è sempre stata all’opposizione dei governi europei, non è ricattabile per via giudiziaria, assorbe tutto come una spugna e s’è guadagnata in Europa e nel mondo un carisma da leader.
Per cosa combattono le truppe “democratiche” di Landini?
Anzitutto per la Sanità: bisogna assumere nuovo personale e pagarlo di più. Solo così il cittadino potrà ricevere un servizio nazionale efficiente, che metta sullo stesso piano il ricco e il povero. L’art. 32 della Costituzione prevede che “la Repubblica garantisce cure gratuite agli indigenti”. Il principio fondante di una democrazia è quello di rimborsare le spese ai soli bisognosi, lasciando che i benestanti provvedano da soli.
Le strutture portanti della attuale Sanità (Le Aziende) sono state introdotte dalla Bindi nel 1999, mentre la norma che mira a contenere la spesa sanitaria si deve al governo Gentiloni del 2017. Non sembra che la Meloni abbia avuto responsabilità dirette in materia di politica sanitaria; i responsabili sono semmai i dirigenti chiamati a governare il comparto nelle varie Regioni.
Per la scuola, Landini invoca nuove assunzioni di insegnanti e il relativo aumento degli stipendi. Si sa, la scuola forma le future generazioni e la stessa classe dirigente del paese. Non ci lamentiamo poi se i giovani si drogano e vanno in piazza.
Domanda: gli studenti che malmenano i docenti, bruciano e imbrattano le cose pubbliche, occupano le università, non sono forse espressione del sistema scolastico “democratico”, con professori che tengono comizi improvvisati per insultare il ministro dell’istruzione? I manifestanti non la pensano così e la stessa Ethel Schlein se la prende con la Meloni che stanzia poche risorse.
Professori e stipendi
Molti professori universitari svolgono una professione libera e motivano questa scelta con il basso stipendio statale oppure con l’esigenza di doversi misurare con gli aspetti pratici della materia insegnata. Pur volendo riconoscere la validità di tali affermazioni, è indubbio che l’università italiana non viene citata nel mondo come esempio di efficienza. Anche questa situazione parassitria, non sarebbe colpa del corpo docente (una casta chiusa e inaccessibile) ma dell’attuale governo.
Quanto all’efficienza della Magistratura non bisogna spendere parole. Il recente caso riguardante il senatore PD Stefano Esposito, “archiviato” dopo sette anni, dimostra che la Magistratura è indipendente: fa cazzate a destra e a sinistra. La smetta la Meloni di cercare una qualche Riforma, teniamoci la Giustizia com’è, la “mission” non è alla portata di questo governo. L’ha ben compreso Mattarella che si limita a qualche occasionale intervento in sede di CSM, del tutto inascoltato.
Le burocrazie sono sottopagate da molti anni, nonostante l’aumento delle responsabilità e del costo della vita. Non credo tuttavia che gli italiani diano un voto di sufficienza alle nostre burocrazie pubbliche, che costituiscono un importante serbatoio elettorale delle sinistre.
Bisogna garantire servizi pubblici efficienti e l’unico modo per farlo è investire di più in tecnologia, pagare di più il personale, formare e assumere i giovani. Bisogna proteggere gli addetti ai servizi pubblici dalla delinquenza e assumere nuovi poliziotti, possibilmente “senza manganello”.
Lo sciopero dei lavoratori nelle fabbriche costituisce millantato credito dei sindacati, perché ormai non esiste organizzazione operaia in grado di limitare i licenziamenti. Tuttavia, anche su questo comparto, Landini detta la sua ricetta: le aziende private devono essere sovvenzionate dalla mano pubblica per resistere alla concorrenza internazionale e mantenere l’occupazione.
Insomma, si dovrebbero ripristinare le condizioni dell’economia protetta dei vecchi tempi, visto che la produttività della nostra forza lavoro è la più bassa in Europa. Occorre ricordare che, agli inizi degli anni Novanta, quando i governi di centro sinistra avevano dismesso i principali centri produttivi del paese, affidandoli ai “capitani coraggiosi” della finanza, i sindacati non avevano organizzato neppure un girotondo.
Cosa hanno in comune le attuali rivendicazioni di Landini? Lo avrete già capito: che la tutela sindacale delle varie categorie non è legata all’efficienza e che l’unico soggetto in grado di erogare le necessarie risorse finanziarie è lo Stato, attraverso l’incremento del più alto debito pubblico rispetto al prodottto nazionale al mondo.
Poiché ciò non sarebbe possibile per qualsiasi governo, la sinistra propone di combattere l’evasione fiscale, un obbiettivo che la stessa sinistra non è mai riuscita a centrare. L’dea di prendere ai ricchi per dare ai poveri aumentando le imposte, rappresenta la tradizionale terapia delle sinistre che tuttavia entra in crisi allorché i capitali fuggono all’estero e i lavoratori si trasformano in “clientes” abituati al salario sicuro.
E’ certo che, se per assurdo, l’Europa ci erogasse altri 500 miliardi di euro a fondo perduto che fossero impiegati in un aumento di tutti i salari, stipendi pubblici e pensioni, l’efficienza delle istituzioni di carriera e la stessa produttività nazionale non aumenterebbero di un millimetro. Si tratterebbe di una semplice spartizione tra i soliti noti ai danni di quel che resta delle categorie produttive.
Qual è questa classe dirigente cui si deve lo sviluppo economico del paese? In un sistema di concorrenza la classe dirigente è quella che sa prevedere la futura domanda di mercato. Vediamo cosa ha saputo fare in Europa la classe-guida espressa dai governi di “centro-sinistra”.
Il più grosso fallimento industriale di questi giorni, si riscontra nel settore delle auto elettriche. La classe dirigente, dopo avere approvato una politica green che avrebbe dovuto creare valore e lavoro, si è accorta che un popolo “non democratico” ha costruito le auto elettriche a “metà prezzo” e più durevoli di quelle tedesche, italiane e francesi.
La classe dirigente europea si è suicidata perché ha approvato piani a breve per eliminare le vecchie auto senza riuscire a produrre le nuove a prezzi competitivi, auto che restano invendute. Questi incompetenti non sono stati capaci di programmare il business ed ora invocano interventi pubblici all’unisono con i sindacati per rimediare ai propri errori.
L’unica reazione logica sarebbe quella di mandare a casa i responsabili della Wolskswagen, della Stellanitis e della politica green, che dovrebbero subire azioni di danni e sono premiati con cifre da capogiro. E se proprio lo Stato dovesse intervenire, dovrebbe farlo sottoscrivendo regolare aumento di capitale ai danni dell’attuale azionariato. Invece cosa annuncia la Von der Leyen? Faremo gli interventi necessari per realizzare il previsto programma di rottamazione senza neppure un giorno di ritardo.
In Italia, l’interesse degli automobilisti sarebbe quello di aprire il mercato ai cinesi, a condizione che essi trasferiscano i loro stabilimenti per le auto destinate al nostro consumo interno, garantendo l’occupazione stanziale.
Tuttavia, i cinesi in Italia non potrebbero lavorare, in ragione delle pastoie burocratiche alle quali non sono abituati. Come si fa a gestire un’azienda in un Paese dove i manager rischiano la galera per ogni omissione formale nella presunzione che i colletti bianchi siano tutti ladri, dove per ottenere un’area in concessione devi aspettare tempi biblici e passare sotto le forche caudine di burocrazie supponenti.
Dove i macchinari possono essere sequestrati a tempo indeterminato per l’emissione dei fumi di un altoforno, dove si può dichiarare uno sciopero senza curarsi dei danni irreversibili per l’azienda e il paese, dove si fermano i mezzi pubblici ogni fine settimana, dove gli sbandati fuori controllo ti rapinano in pieno giorno? L’Italia non è più un paese dove si può investire, ma la circostanza non sembra interessare gli uffici studi dei sindacati.
Nel settore della finanza la classe dirigente italiana non ha saputo difendere i risparmiatori dai titoli spazzatura americani. Il più modesto funzionario bancario, per lunghi decenni, ha “consigliato” ai clienti di investire in titoli d’oltreoceano che erano “auto classificati” con la tripla A, mentre a Wall street dilagavano le frodi e le truffe grazie all’insider trading, alla manipolazione del mercato azionario e ad altre attività illegali.
Un gran numero di trader e di banche di investimento hanno continuato a realizzare ingenti profitti, speculando al ribasso. Per arrivare al tracollo di centinaia di istituti di credito immobiliare, di banche e assicurazioni. Il fallimento di questa classe dirigente è stato totale e dirompente.
Nel campo energetico la classe dirigente europea ha investito enormi ricchezze pubbliche per sostituire i combustibili fossili con energie rinnovabili e per fare dell’Europa un continente “pulito”, senza considerare che i paesi più abitati della terra continuano a utilizzare carbone e petrolio per inquinare il pianeta e fare concorrenza alle nostre industrie, costrette a pagare luce e gas importi insostenibili per imprese e famiglie.
L’idea che l’Europa possa salvare il mondo dal buco all’ozono grazie alla propria politica green, ferme restando le emissioni nocive dei restanti tre quarti delle Nazioni, costituisce una “balla spaziale”.
Le categorie che non sono scese in piazza con Landini sono i piccoli e medi imprenditori che stanno sul mercato senza sussidi pubblici, che devono combattere ogni giorno per ricevere una commessa, che rischiano soldi propri nell’impresa, che danno occupazione a persone misurate per l’efficienza.
E ancora: il mondo delle professioni e delle partite Iva in eterna competizione per raccattare un cliente, gli artigiani che si inventano oggetti di oreficeria richiesti nel mondo, gli operatori del turismo, della moda e quelli del settore agricolo che hanno vinto la battaglia con i cibi preconfezionati americani, gli operatori turistici che valorizzano al meglio le nostre risorse naturali e il patrimonio artistico. Sono queste le classi dirigenti che rappresentano l’economia trainante del paese.
In conclusione, grazie alla politica “sociale” della sinistra, il mondo del lavoro si è diviso tra categorie protette ed altre sacrificate e credo che le prime abbiano distrutto ricchezza piuttosto che crearla, perché i governi di questo ciclo politico non hanno saputo selezionare una classe dirigente adeguata.
Non ho fin qui considerato la categoria dei partiti politici, distrutti da un “patto scellerato” tra sinistra, magistratura e stampa padronale, una categoria ormai rinchiusa nella logica dei “patti preelettorali” al cui interno prevalgono i gruppi lillipuziani in grado di condizionare le scelte della maggioranza.
Nonostante tutto, penso che la Meloni possa resistere ancora qualche tempo, a condizione che non rispolveri le vecchie pratiche clientelari che la sinistra definisce “vocazione governativa”; ricordi che l’elettorato della classe media, quello determinante, non ha interesse a rovesciare un governo in cui tutti i meritevoli vengono utilizzati.