Arrestate 25 persone per ‘ndrangheta nel Bresciano: tra le accuse anche scambio elettorale politico mafioso

Sono 25 le persone arrestate nella mattinata del 5 dicembre da polizia e guardia di finanza nel Bresciano. Le accuse sono di estorsione, traffico di droga, riciclaggio e anche scambio elettorale politico mafioso. Sequestrati beni per oltre 1,8 milioni di euro.
A cura di Enrico Spaccini
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La polizia di Stato e la guardia di finanza stanno eseguendo nella mattinata di oggi, giovedì 5 dicembre, 25 misure cautelari ai danni di una presunta associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista operativa in territorio bresciano. Stando a quanto ricostruito dalle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Brescia, il gruppo avrebbe commesso reati di estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, usura, reati tributari e riciclaggio. Gli inquirenti, inoltre, contestano anche il reato di scambio elettorale politico mafioso. Insieme agli arresti, gli investigatori stanno eseguendo anche un sequestro preventivo dal valore di oltre 1,8 milioni di euro e diverse perquisizioni nelle province di Brescia, Reggio Calabria, Milano, Como, Lecco, Varese, Verona, Viterbo e Treviso.

Nell'ambito della stessa inchieste, i militari dell'Arma dei carabinieri del Comando provinciale di Brescia stanno eseguendo un'altra ordinanza cautelare anche nei confronti di otto persone, promotori e partecipi dell'associazione ‘ndranghetista per reati aggravati dal metodo mafioso.

Le indagini erano state avviate nel settembre del 2020 e riguardavano un’associazione per delinquere di matrice ‘ndranghetista, originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte (a Reggio Calabria), legata alla cosca Alvaro, che da diversi anni aveva spostato la sua attività nel Bresciano. Il gruppo era riuscito a riprodurre una "locale" in grado di compiere estorsioni, ricettazioni, trafficare armi, stupefacenti e mettere in atto scambio elettorale politico-mafioso.

Il sodalizio riusciva anche a penetrare nelle carceri, veicolando messaggi e ordini ai detenuti attraverso il supporto di persone insospettabili. Tra queste, ci sarebbe una suora che, approfittando dell'incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie, avrebbe svolto il ruolo di intermediario tra gli associati e i detenuti. Per quanto riguarda gli affari, il sodalizio negli anni avrebbe creato diverse imprese operanti nel settore del commercio di rottami che, secondo le indagini, avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti dal valore complessivo di circa 12 milioni di euro. In questo modo, gli associati avrebbero riciclato il denaro frutto di vari reati.

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