Scontri durante la visita di Salvini a Napoli nel 2017, condanne fino a 6 anni ad attivisti dei centri sociali
Fu una giornata di tensione estrema per Napoli: l'arrivo di Matteo Salvini, leader della Lega, nel 2017 all'opposizione e in fortissima ascesa, segnò in città 24 ore di contrapposizione fortissima. Da una parte il blocco leghista blindato in una convention alla mostra d'Oltremare. Dall'altra una grossa manifestazione popolare, guidata dai centri sociali che all'epoca erano molto attivi in piazza e perfino il sindaco di allora, Luigi De Magistris, a contestare apertamente l'arrivo del politico milanese. Inevitabili le tensioni e gli scontri, culminati – era l'11 marzo 2017 – con 4 persone fermate al termine dei tafferugli e 16 agenti feriti durante i contatti con una parte dei manifestanti.
Ieri, quasi 8 anni dopo, si è concluso il processo di primo grado sui fatti napoletani. Nove in tutto gli imputati, sentenza dura: i giudici della terza sezione penale del Tribunale di Napoli hanno condannato 5 imputati – Marco De Sisto, Claudio Esposito, Antonio Montemurro, Francesco Esposito e Alessio Galati – a 6 anni per devastazione e resistenza a pubblico ufficiale, a 2 anni l'imputato Luca Rea per il solo reato di resistenza a pubblico ufficiale, pena sospesa. Due le assoluzioni, mentre una posizione era stata stralciata in precedenza.
La storia di quella mobilitazione anti-Salvini creò fibrillazione anche tra le istituzioni: la Mostra d'Oltremare di Napoli inizialmente non autorizzò l'allestimento delle strutture nel Palacongressi ma la Prefettura invece confermò la location con un'ordinanza solo poche ore prima dello svolgimento dell'evento. Dall'altra parte gli attivisti dei movimenti e centri sociali tennero un corteo con partenza da piazza Sannazaro che raggiunse il quartiere Fuorigrotta, dove si verificarono scontri tra alcuni degli oltre 5mila manifestanti e le forze dell'ordine.
Gli imputati erano difesi dagli avvocati Alfonso Tatarano, Carmine Malinconico, Emilio Coppola, Natalia Fuccia, Davide Fico e Antonella Distefano amareggiati per la sentenza: «Al di là della valutazione sulle responsabilità personali dei singoli imputati, ci lascia amareggiati la facilità con la quale sempre più spesso si ritiene sussistente un reato come quello di devastazione, introdotto durante il regime fascista, che esiste soltanto nell'ordinamento italiano e porta con sé l’applicazione di pene del tutto sproporzionate. Attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza ma certamente ricorreremo in Appello».