Dopo la sfiducia del governo, corsa contro il tempo per Emmanuel Macron che entro stasera alle 20, quando parlerà in diretta alla Francia, dovrà presentarsi con una soluzione all’ennesima crisi politica. Come da sei mesi a questa parte, il capo dello Stato si trova ad affrontare un caos quasi senza precedenti e le strade per uscirne sembrano essere sempre più strette. In mattinata c’è stato il faccia a faccia all’Eliseo con Michel Barnier, il premier dimissionario, durato circa un’ora: il presidente della Repubblica “ha preso atto” del passo indietro, chiedendo al primo ministro di restare in carica per gli affari correnti.
Archiviata la brevissima parentesi e incassato l’ennesimo fallimento, Macron ora cerca il nuovo nome a cui affidare l’esecutivo e, soprattutto, a cui chiedere di portare all’approvazione della legge di Bilancio entro fine anno. L’altra scadenza è quella del weekend, quando tutta la politica internazionale (Donald Trump in testa), sarà a Parigi per la riapertura della cattedrale di Notre Dame e il capo dello Stato non vuole farsi trovare ancora più debole di quanto non è già. Un nome in pole position sembra già esserci: come rivelato da le Parisien, a pranzo Macron ha ricevuto il leader centrista, capo del MoDem François Bayrou e da sempre molto vicino al presidente. “È in corsa”, ha confermato “sorridendo” al quotidiano parigino un dirigente di Renaissance, il movimento macroniano.
I movimenti delle forze politiche – Il giorno dopo la sfiducia a Barnier, i partiti cercano di risposizionarsi. Perché il vero problema per qualsiasi esecutivo sarà nominato è che mancano i numeri in Parlamento. Marine Le Pen e i suoi, dopo aver garantito il sostegno esterno alla vecchia formazione di destra, hanno deciso di staccare la spina accusandolo di essere stato “un esecutivo effimero”. Ora resta da capire se vorranno essere parte della formazione politica, rispondendo alla metamorfosi di chi li vuole più moderati, o se continueranno sulla linea dell’opposizione a qualsiasi costo per rafforzare i consensi in vista delle prossime presidenziali. Jean-Philippe Tanguy, esponente del Rassemblement National intervistato da radio RTL, ha dichiarato che “anche il prossimo governo francese verrà sfiduciato se non rispetterà le ‘linee rosse'” indicate dal suo partito. E ha precisato: “Le nostre linee non sono cambiate, sono le stesse”. Il parlamentare ha citato, in particolare, l’indicizzazione delle pensioni sull’inflazione, una delle condizioni imposte da Le Pen per approvare la manvora finanziaria. “Se il nuovo governo non le rispetta, il Rn censurerà” , ha avvertito.
Sul fronte opposto, ma neanche troppo, c’è la sinistra del Nuovo Fronte Popolare: proprio loro, usciti vincitori a sorpresa dalle legislative e mai incaricati di formare un governo, potrebbero arrivare a una rottura. Perché se da una parte i Socialisti spingono per trovare un accordo con i macroniani, dall’altra la France Insoumise non vuole sentire ragioni: due posizioni che per forza di cose sono destinate a segnare una rottura insanabile nell’alleanza. E a influenzare tutti i prossimi giochi politici. Intanto la presidente dell’Assemblea nazionale francese, Yaël Braun-Pivet, auspica la formazione di un governo “in tempi brevi” per riprendere le “discussioni sul bilancio”. “Non è facile, i tempi sono estremamente stretti, ma è giuridicamente e politicamente possibile se tutti si rimettono intorno a un tavolo”, ha dichiarato.