C’era un’associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista, legata alla cosca Tripodi, operativa nel Bresciano. E tra le persone coinvolte o in qualche modo in rapporti con il gruppo – sostengono gli inquirenti – figuravano anche l’ex consigliere comunale di Brescia in quota FdI, Giovanni Acri, nonché Mauro Galeazzi, ex esponente della Lega a Castel Mella. “A disposizione del clan” anche una religiosa, suor Anna Donelli. Tutti e tre sono finiti ai domiciliari, mentre per altri sono state disposte altre misure cautelari, al termine dell’inchiesta della Polizia e della Guardia di finanza, coordinate dalla Dda di Brescia.
Suor Anna è accusata di concorso esterno, ad avviso degli investigatori, si sarebbe occupata di “garantire il collegamento con i sodali detenuti” in carcere agendo come una sorta di intermediaria “approfittando dell’incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie”. Secondo gli inquirenti Acri – pure lui incolpato di concorso esterno e coinvolto in un’altra inchiesta con l’europarlamentare Carlo Fidanza che lo avrebbe convinto a dimettersi per far posto a un altro esponente del partito – si sarebbe messo a disposizione del gruppo guidato dai componenti della cosca Tripodi.
In qualità di medico, stando alla ricostruzione dei pubblici ministeri, avrebbe aiutato gli “appartenenti” al sodalizio e “loro complici” anche “in occasione di ferimenti” durante “l’esecuzione di reati”. In particolare, in un caso, avrebbe ‘ricucito’ un sodale con alcune lesioni riportate durante una rapina a un portavalori compiuta insieme a uno dei Tripodi, in quel momento latitante.
Gravi anche le accuse rivolte dai pm antimafia a Galeazzi, arrestato nel 2011 per tangenti e poi assolto, che si sarebbe rivolto a Stefano Terzo Tripodi in occasione delle elezioni comunali di Castel Mella nell’ottobre 2021, quando era candidato sindaco, proponendo all’uomo di “procurargli voti in cambio dell’ottenimento di appalti pubblici”. Per lui l’accusa è di scambio elettorale politico-mafioso. Gli investigatori hanno anche sequestrato oltre 1,8 milioni di euro ed eseguito numerose perquisizioni anche nelle province di Reggio Calabria, Milano, Como, Lecco, Varese, Verona, Viterbo e Treviso. L’associazione era dedita alla commissione di estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, usura, reati tributari e riciclaggio.
“È un’indagine che conferma il radicamento di organizzazioni criminali che trovano articolazioni anche in questo territorio. Parliamo di soggetti legati alla ‘ndrangheta che avrebbero sfruttato la fama criminale dell’organizzazione d’origine, adeguandosi al territorio del nord dove si occupa di materia fiscale – ha detto il procuratore capo di Brescia Francesco Prete -. Nel Bresciano c’è un radicamento mafioso viscido che rende difficile il nostro lavoro”.
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