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Scavi a Pianara, si fa luce sui reperti

Allo studio le origini della civiltà locale pre romana, ieri la presentazione delle ultime scoperte archeologiche

Scavi a Pianara, si fa luce sui reperti

In una gremita sala conferenze del Castello Caetani ha avuto luogo, ieri mattina, la conferenza di presentazione degli ultimi scavi archeologici condotti dal gruppo di lavoro del professor Massimiliano Di Fazio. Un mese nella zona collinare di Pianara che, senza mezzi termini, ha in parte riscritto la storia del territorio in epoca preromana. Come più volte spiegato anche in precedenti conferenze, le fonti sulla storia locale non trovavano riscontri nelle prove archeologiche ma oggi, come precisato proprio dal docente di archeologia dell’Italia preromana presso l’Università di Pavia, «abbiamo trovato riscontri anche oltre le aspettative. Ma soprattutto, i ritrovamenti ci hanno posto domande per cui non dormo la notte».
Il sonno tolto al docente originario di Fondi è dovuto oltre che dalle conferme degli scavi dello scorso anno, con elementi riconducibili tra il IV e il III secolo a.C, anche a qualcosa che ha portato l’asticella del tempo ancora più indietro. Tra le maestose e difficilmente databili mura poligonali sulla collina alle spalle di Fondi, nello scavo di quest’anno è stato ritrovato, come ha spiegato la dottoressa di ricerca Elena Marazzi - intervenuta dopo il dottorando Omar Scarrone - «una “focaccetta votiva” noto anche come “disco porta offerta”. Si tratta di un oggetto particolare, databile tra il VI e il V secolo a.C.».
C’è un qualcosa di molto specifico che accomuna questo ritrovamento con quello del pezzo di alabastron recuperato dallo scavo dello scorso anno e adesso esposto al piano superiore del museo civico della città di Fondi: entrambi non sono mai stati ritrovati in abitazioni, ma sempre in luoghi di culto o tombe. Considerando che di queste ultime a Pianara non c’è ombra, allora un’ipotesi sulla quale non vogliono sbilanciarsi per ora gli esperti potrebbe significare che quel luogo, un tempo, poteva essere un luogo di culto o addirittura un tempio. Ma è presto per poterlo affermare. Sia il professor Di Fazio, ma anche i suoi colleghi, hanno invitato alla prudenza evitando il sensazionalismo, pur ammettendo l’emozione di alcuni ritrovamenti.
Lo scavo di quest’anno, chiuso nei giorni scorsi, è stato effettuato su un perimetro murario di 10 metri per 15. Qui, dalla pulitura di un primo strato, sono comunque emersi elementi che fanno pensare ad una struttura in legno con mattoni crudi e blocchi di calcare. Tra le “scoperte”, anche un pezzo di legno carbonizzato conficcato nel terreno, i cui campioni sono stati mandati ad analizzare per cercare di datare il periodo e la stessa natura del materiale. Parole di elogio, curiosità e ottimismo sulle scoperte sono state espresse da tutti gli intervenuti: dal soprintendente Alessandro Betori alla direttrice del museo Maria Cristina Recco, oltre a tutti i rappresentanti delle istituzioni, a partire dal sindaco Beniamino Maschietto, passando per il direttore del Parco regionale dei Monti Aurunci Giorgio De Marchis, fino al vicesindaco Vincenzo Carnevale e all’assessore Claudio Spagnardi.

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